sabato 30 giugno 2007

















RECITA DI FINE ANNO DELLA CLASSE QUINTA DI PAPARDO.
Imbarcarsi nell'avventura recita di fine corso con 28 alunni è un'idea da pazzi, così diceva il maestro Freni, un musical poi, non se ne parla, chi li fa cantare? chi li fa ballare? Sono 28 pesti, un'impresa destinata a fallire. La maestra Sara Pollino lo pregava , "dai maestro Freciamola, alle canzoni ci penso io, a farli ballare pure". Tutti noi abbiamo cominciato a lisciare il maestro, "vedrai non ti faremo arrabbiare, impareremo tutto e tu sarai contento di noi". Chissà come, chissà perché, si convince. Insieme alla maestra Sara, il maestro sceglie la "Divina commedia" una parodia musicale tutta da ridere.
Dante e Beatrice sono subito scelti, tocca a Lorenzo Barresi parlare fiorentino e alla frizzante cocchina Ylenia Maugeri la parte di Beatrice
(tanto gentile e onesta pare la Donna mia quando altrui saluta...) Virgilio, il grande poeta latino, non poteva che






essere il simpaticissimo Giovanni Buda .




















Dopo tante prove e in soli 20 giorni e all'esaurimento dei nostri pazienti maestri, si arriva al fatidico 8 giugno giorno della "premiere".I maestri in fibrillazione danno gli ultimi consigli e suggerimenti ai piccoli artisti, i quali nella foga di aiutare, creano enorme confusione dietro le quinte. Un urlo del maestro: "Ho dimenticato di scrivere la presentazione a Rebecca"!!. Sudore freddo della maestra Sara. Ma il maestro la tranquillizza, :" Vuoi vedere che quella piccola simpaticona ha fatto da sola?" Infatti è così. Rebecca spunta serafica con la sua cartelletta e dà inizio allo spettacolo.









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MESSINA TRA MITI E LEGGENDE



Punta prima ed estrema della Sicilia, porta dell’Isola, sfogo celeste della perfetta volontà creatrice, dimora di Nettuno, Orione e del gigante Peloro, terra di miti e leggende. Manifestazione limpida e pura di prodigio naturale, liturgia del Cristo e del divino Cosmo. Magia e incontro tra mari di natura differente, divisione e miscuglio di sentimenti, speranze, paure e sogni. Catena montuosa amena e dolce, che degrada dolce e maestosa verso il mare fin dagli albori della sua primordiale e ancestrale storia. Archetipo di celestiale creazione. Miscuglio di sacro e profano di storia e leggende, di culture e religioni, di soprannaturale ed umano, di miracoloso e di effimero. Messina e’ tutto questo e molto altro. DA MASTRONARDO

La storia di Colapesce DA PRESS.SICILIA.IT
Cola o Nicola è di Messina ed è figlio di un pescatore di Punta Faro. Cola ha la grande passione per il mare. Amante anche dei pesci, ributta in mare tutti quelli che il padre pesca in modo da permettere loro di vivere. Maledetto dalla madre esasperata dal suo comportamento, Cola si trasforma in pesce. Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di più in mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che riesce a nuotare molto bene. Fu nominato palombaro dal capitano di Messina. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere e sperimentarne le capacità. Al loro incontro, il Re getta una coppa d’oro in mare e chiede al ragazzo di riportargliela. Al ritorno Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli regala la coppa. Il Re decide di buttare in mare la sua corona ed il ragazzo impiega due giorni e due notti per trovarla. Al suo ritorno egli racconta al Re d’aver visto che la Sicilia poggia su tre colonne, una solidissima, la seconda danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosità del Re aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere al ragazzo di riportarglielo. Colapesce è titubante, ma decide ugualmente di buttarsi in acqua dicendo alle persone che avessero visto risalire a galla delle lenticchie e l’anello, lui non sarebbe più risalito. Dopo diversi giorni le lenticchie e l’anello che bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re capì che il fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa.
La storia di Cariddi
Tale mostro impersona, nell’immaginario collettivo, un vortice formato dalle acque dello stretto. Tale ninfa mitologica greca è figlia di Poseidone e di Gea ed era tormentata da una grande voracità. Giove la scaglia sulla terra insieme ad un fulmine. E’ abituata a bere grandi quantità di acqua che poi ributta in mare Anche in questo caso, come il precedente, il passaggio di Eracle dallo stretto di Messina insieme all’armento di Gerione è provvidenziale: quando essa gli rubò alcuni buoi per divorarli, Giove la colpisce con il fulmine e la ninfa precipita in mare trasformata in un mostro. Il primo a raccontare questo mito fu Omero spiegando che Cariddi si trova di fronte a Scilla. Anche Virgilio parla di Cariddi nel suo poema Eneide.